Dal Risorgimento alla “capitale industriale”
Il rientro degli austriaci nel 1815 segna la fine di un’epoca: nel giro di pochi anni la stessa Milano che con l’Accademia di Brera aveva favorito la diffusione del gusto neoclassico si pone come fulcro del Romanticismo nazionale. Ben presto, Milano è alla testa del movimento di autonomia nazionale, che dopo decenni di battaglie si concluderà con la sospirata indipendenza e infine con l’unità d’Italia. La figura e le melodie di Giuseppe Verdi si legheranno così strettamente al contesto sociale, artistico, teatrale e politico milanese da diventare quasi la “colonna sonora” della Milano ottocentesca.
Veneziano d’origine e di formazione, approdato nell’ambiente milanese nel 1820, Hayez si impone sulla scena artistica locale con la penetrante limpidezza dei suoi ritratti e con una nuova concezione della pittura di storia, già pienamente romantica, in tele che raffigurano scene e personaggi del Medioevo e del Rinascimento. Grazie al dialogo e alla reciproca influenza tra Hayez, Manzoni e Verdi, Milano è senza dubbio la capitale della cultura artistica, letteraria e musicale del tardo romanticismo italiano.
Il recupero di temi tratti dalla storia non si limita alle arti figurative: il teatro, il romanzo e l’opera lirica dell’Ottocento si ispirano costantemente alle figure, agli scenari, agli episodi del passato. E’ un modo per evitare almeno in parte i rigori della censura, fattasi rigidissima sotto la dominazione austriaca, e rivela l’esigenza di recuperare motivi e stimoli di identità e di orgoglio nazionale, specie in un periodo di mortificazione. Anche la pittura di soggetto storico gioca dunque un ruolo nella lunga fase del Risorgimento, il processo politico e sociale che attraverso una travagliata serie di rivolte e di conflitti porta alla indipendenza dell’Italia dagli stranieri e alla riunificazione della nazione sotto il regno dei piemontesi Savoia.
Verso la metà del secolo nell’arte entra finalmente in scena l’attualità: alcuni pittori, soprattutto lombardi e toscani, partecipano direttamente alle guerre d’indipendenza o alle imprese, presto divenute leggendarie, di Garibaldi, e l’illustrazione dei fatti contemporanei sostituisce la rievocazione di episodi remoti. Un mix di reperti e di opere d’arte è offerto dal Museo del Risorgimento, una delle più importanti raccolte di questo genere in Italia, mentre importanti opere di pittura del periodo risorgimentale si ammirano nel nuovo percorso delle Gallerie d’Italia, il museo di arte del XIX e XX secolo costituito dalle raccolte d’arte di Banca Intesa, aperto su piazza della Scala.
Milano sta cambiando: con la sospirata unità d’Italia (1861) il suo ruolo, nella nuova Italia unita, non sarà di capitale politica, ma di centro dell’economia, della produzione industriale, della finanza. Naturalmente, i personaggi e i fatti del Risorgimento vengono adeguatamente celebrati: l’obelisco che ricorda le Cinque Giornate del marzo 1848 è un omaggio spettacolare all’episodio più celebre della ribellione dei milanesi contro gli austriaci, mentre la Casa di Manzoni, dopo la morte del romanziere, viene scrupolosamente mantenuta intatta e trasformata in un museo.
Nuovi edifici sorgono nel centro della città, ampi quartieri popolari cominciano a estendersi fuori dalle vecchie mura; monumenti “civili”, come la splendente Galleria Vittorio Emanuele (uno dei massimi capolavori europei nelle realizzazioni in vetro e acciaio) e il vasto e sontuoso Cimitero Monumentale segnano l’evoluzione dello stile e dei materiali nel secondo Ottocento.