Il Novecento: il trionfo della borghesia milanese
Rimasta fuori dalle controversie sulla scelta della capitale del nuovo Stato unitario e indipendente, Milano viene invece riconosciuta come la “capitale” dell’economia, della tecnologia e della ricerca.
Il XX secolo si apre con le importanti novità nella struttura urbana, dei servizi pubblici, sociali e produttivi di una città ormai decisamente industriale e finanziaria, ma d’altra parte anche con la conferma di una sostanziale continuità di gusto e di stile con il tardo Ottocento.
In pittura si afferma la stesura del colore avviata dai maestri del Divisionismo, applicata al ritratto, al paesaggio e ai temi simbolisti. Nell’architettura civile si osserva l’apertura verso la decorazione del liberty, che recupera tradizionali attività come l’uso del ferro battuto e delle ceramiche. Lo stile liberty caratterizza interi quartieri della città (la zona Magenta, le vie intorno a corso Venezia), con autentici capolavori nel campo dell’architettura civile e anche di quella religiosa, come dimostra la chiesa del Sacro Cuore (dei frati Cappuccini) in viale Piave.
L’eclettismo dei rimandi culturali, dopo la sospirata conclusione “gotica” della facciata del Duomo, si riflette in ampie campagne di restauro, che coinvolgono molti dei principali monumenti della città. La solida borghesia milanese resta insomma legata all’estetica tardo-romantica: resta memorabile l’emozione suscitata nel 1901 dalla morte di Giuseppe Verdi, ritenuto pur sempre il musicista di riferimento. La grande Esposizione Universale del 1906, in coincidenza con l’apertura del traforo ferroviario del Sempione, è la vetrina di una città che si apre al secolo nuovo, e segna anche l’inizio della tradizione fieristica e di scambi commerciali per Milano.
Alla fine del primo decennio del Novecento, però, questa continuità si spezza. La corrosiva libertà del letterato Filippo Tommaso Marinetti getta a Milano le basi per un movimento rivoluzionario, il Futurismo, una delle più interessanti e vivaci avanguardie artistiche e letterarie d’Europa, aperta a molti campi espressivi, fino all’utopia di una “ricostruzione futurista dell’universo”. Grazie a un artista di grandissime doti come Umberto Boccioni, la pittura futurista propone innovazioni radicali: la ricerca di un’espressione dinamica e non statica, la moltiplicazione simultanea dei punti di vista, la celebrazione della “città che sale” (ovviamente, la Milano dei nuovi quartieri e dell’impetuosa crescita urbana), l’uso spregiudicato di materiali imprevedibili, l’accostamento di stati d’animo, oggetti e figure. Pur mantenendo un dialogo a distanza con il cubismo parigino e con alcune tendenze dell’astrattismo internazionale, il Futurismo rimane un movimento spiccatamente italiano e figurativo: per periodi più o meno lunghi vi aderiscono molti dei principali pittori di inizio secolo, fra cui Carrà, Funi, Sironi e Morandi. La Prima Guerra Mondiale, grande tragedia collettiva e terribile choc per l’Europa, segna la fine del Futurismo, e anche il destino personale di alcuni dei suoi protagonisti: Boccioni, partito volontario, muore nel 1916; il geniale architetto Sant’Elia cade in trincea.