Ritratto di giovane dama – Pollaiolo

    Il Ritratto di giovane dama è un dipinto a tecnica mista su tavola, variamente attribuito a Piero del Pollaiolo o a suo fratello Antonio, databile al 1470-1472 circa e conservato nel Museo Poldi Pezzoli di Milano. Tra i più celebri e meglio conservati ritratti di dama di profilo attribuibili ai fratelli Pollaiolo, quest’opera venne segnalata nel XIX da Giovan Battista Cavalcaselle come presente nelle collezioni Borromeo e non si conosce la la data in cui Gian Giacomo Poldi Pezzoli ne entrò in possesso, trasferendola nel neonato museo solo nel 1879. 
Non è chiaro chi sia la donna raffigurata nel ritratto: i vari nomi venuti alla luce fanno risalire alla moglie del banchiere Giovanni de’ Bardi o di Marietta Strozzi o ancora di una Belgioioso.
La donna, posta di profilo secondo il modello della medaglista imperiale romana, è raffigurata sullo sfondo di un cielo azzurro solcato da alcune nubi, in un’armonia perfetta tra natura e bellezza femminile, secondo un ideale classico recuperato nel Rinascimento.
    La fanciulla è ritratta fino alle spalle, con una leggera torsione del busto che permette di vedere la forma della scollatura, piuttosto profonda e aderente. Grandissima attenzione è data alla rappresentazione della veste, dei gioielli e dell’elaboratissima acconciatura detta “a vespaio”, sottolineando il carattere nobile e benestante della donna. Seguendo fedelmente la moda del tempo, la manica in velluto presenta un motivo floreale reso con grande semplicità: le maniche a quell’epoca erano tra le parti più importanti degli abiti, spesso intercambiabili e decorate da gioielli, tanto da essere spesso inventariate tra le gioie di famiglia. I gioielli in perle e rubino, inoltre, sembrano rimandare a significati nuziali, di purezza verginale e di passione amorosa, suggerendo una possibile destinazione del ritratto come parte della dote o come dono per la famiglia dello sposo prima della sigla del contratto matrimoniale. 
La straordinaria attenzione ai valori della luce, resa con numerosi effetti è sicuramente di matrice fiamminga: dalla brillantezza delle perle alla lucentezza dei capelli, dalla delicatezza dell’incarnato fino ad effetti virtuosistici come il velo che copre delicatamente l’orecchio.
Nonostante la carenza di fonti documentarie relative all’opera, alla sua genesi e paternità, questa tavola eseguita a Firenze, è considerata uno dei simboli dell’eleganza fiorentina nel XV secolo.