Pietà – Giovanni Bellini

    La Pietà o Cristo morto sorretto da Maria e Giovanni è un dipinto tempera su tavola di Giovanni Bellini, databile al 1465-1470 circa e conservata nella Pinacoteca di Brera.
    Considerata prova conclusiva della fase giovanile dell’artista, la tavola viene di solito datata a quegli anni in cui la produzione di Giovanni Bellini si avvicina all’influenza di Andrea Mantegna, a cui l’artista era legato da vincoli culturali e di parentela. Alcuni elementi riconducibili al Mantegna sono in effetti presenti nella qualità quasi scultorea dei corpi e nell’accentuato grafismo, come vediamo nei capelli di san Giovanni e nella vena pulsante del braccio di Cristo; tuttavia l’uso del colore e della luce è molto diverso tra i due artisti: i colori di Bellini sono più morbidi, attenti al trascorrere naturale della luce sulle superfici dei corpi e sul paesaggio, una luce fredda e metallica come un’alba di rinascita. 
A sinistra, il corpo di Cristo morto è sorretto dalla Vergine e da san Giovanni a destra. La mano di Gesù poggia in primo piano su una lastra marmorea su cui si trova la firma dell’artista e un’ iscrizione tratta dall’ Elegie di Properzio : “HAEC FERE QVVM GEMITVS TVRGENTIA LVMINA PROMANT / BELLINI POTERAT FLERE IOANNIS OPVS”, “Se questi occhi gonfi di pianto quasi emettono gemiti, così potrebbe piangere l’opera di Giovanni Bellini”), secondo uno schema derivato dalla pittura fiamminga, già usato da Mantegna e dagli artisti padovani. Tale artificio permette all’artista di creare un parallelo tra il dolore dei protagonisti della scena sacra e il pianto dell’immagine dipinta, chiamando lo spettatore ad una diretta partecipazione.

    Risulta evidente l’interesse per la pittura fiamminga, riscontrabile sia nella resa dei particolari e degli effetti materici, sia nell’intensa pateticità del dipinto. Derivata dall’esempio di Rogier van der Weyden, la rappresentazione della dolente umanità dei protagonisti è profondissima: un dolore attonito in San Giovanni, incontenibile in Maria, il cui volto indurito sfiora l’espressionismo; in entrambi, però, domina una mirabile compostezza.