Omaggio a Montefeltro in Brera

La Pala Montefeltro, detta anche Pala di Brera per la sua ubicazione, è un’opera di Piero della Francesca databile al 1472 circa e conservata nella Pinacoteca di Brera. Dipinta per il duca Federico da Montefeltro, inginocchiato sulla destra, la pala rappresenta una Sacra Conversazione con la Madonna col Bambino, sei santi, quattro angeli e il donatore, duca d’Urbino. In origine, si trovava nella chiesa di San Bernardino a Urbino e trasferita a Milano solo nel 1811, in seguito alle requisizioni napoleoniche. L’opera presenta al centro la Madonna in trono in posizione di adorazione, con le mani giunte verso Gesù Bambino addormentato sul suo grembo. La sua figura domina la rappresentazione e il suo volto è il punto di fuga dell’intera composizione. Il trono si trova poggiato su un prezioso tappeto anatolico, un oggetto raro e prezioso ispirato a dipinti analoghi dell’arte fiamminga. Attorno vi è una schiera di angeli e santi. In basso a destra si trova, inginocchiato e in armi, il duca Federico, esposto più all’esterno, fuori dall’insieme degli angeli e dei santi, come prescriveva il canone gerarchico dell’iconografia cristiana rinascimentale. La scena è ambientata all’interno di un edificio rinascimentale, le cui proporzioni sono attentamente misurate nel rapporto con le figure.
Le due anime del grande pittore si incontrano in questa Sacra Conversazione: da un lato troviamo il teorico della geometria, l’autore di fondamentali trattati di prospettiva, dall’altro l’artista creatore, teso alla conquista di un’immagine ideale. La luce modella le figure con silenzioso nitore, dando al gruppo dei personaggi il tono aulico di una corte celeste, disposta secondo i canoni di una precisa gerarchia. Dalla conca absidale si stacca un uovo di struzzo, sospeso a una catenella: dettaglio celebre, in cui il valore simbolico, allusivo alla nascita di Gesù e all’araldica dei Montefeltro, si unisce all’impressionante dimostrazione di resa della scena in profondità.

L’opera ebbe un ruolo nodale nello sviluppo della cultura figurativa italiana, a partire dall’influenza su artisti come Giovanni Bellini e Antonello da Messina. Il ricordo dello spazio profondo e definito prospetticamente, su cui indugia una luce immobile, fu senz’altro importante per un artista urbinate quale Bramante.